INDACO - Simbologia dei colori

Oggi parliamo della simbologia e della storia del colore INDACO.


STORIA DEL COLORE INDACO
L’indaco è una combinazione unica di due colori: il blu profondo e il viola che creano un blu-violaceo scuro.
In natura l’indaco si trova nei petali dei fiori, nelle bacche, negli uccelli e negli insetti.

L’indaco è stato usato come pigmento già in alcuni dipinti rupestri preistorici e nel corso della storia ha ricevuto un grande riconoscimento tanto da essere considerato un simbolo di pregio dagli antichi Greci e Romani.

L’indaco come tintura è nato in India quattromila anni fa. In latino la parola indicum (derivata a sua volta dal termina greco indikón) letteralmente significa “proveniente dall’India” “indiano”. Storicamente questo paese produceva l’indaco di origine vegetale dalla fermentazione delle foglie delle piante di Indigofera Tinctoria e Isatis Tinctoria (volg. guado). Il procedimento dal quale si ricava l’indaco consiste nel macerare le foglie dell’indigofera e farle fermentare a contatto con una base (come ad esempio la soda) e l’ossigeno; la sostanza che si ottiene assume il colore indaco.

Nei tempi antichi non era semplice reperire questo colore. Dai testi scritti dai viaggiatori, questa pianta era chiamata “arboscello” o “erba somigliante alla porcellana” e la si poteva trovare nei pressi del monte Sinai.

Marco Polo, alla fine del XIII secolo parla della preparazione della tintura:
«Cresce colà (…) una certa erba, della quale si fa un colore di grande uso nella tintura volgarmente detto indigo. (…) Qual fanno d’herbe, alle quali levateli le radici, pongono in mastelli grandi pieni d’acqua, dove le lassano star finché non si putrefanno, et poi di quelle esprimono fuor il sugo, qual post’al sole bolle tanto, che si dissecca, e fassi come una pasta, qual poi si taglia in pezzi, al modo che si vede che viene condotta a noi».
L’indaco naturale era molto prezioso. Testimonianze antiche parlano della sua diffusione anche in Guatemala, Giava, Medio Oriente e Nord Africa. In Europa l’indaco si è diffuso solo alla fine dell’epoca Medievale. Dopo la rivoluzione, la Francia e l’Italia iniziarono a coltivare il guado europeo e a produrre indaco in modo autonomo.

Nel 1671, Isaac Newton aveva definito l’indaco come una delle componenti fondamentali della luce visibile. Una tonalità talmente distinta da meritarne l’inserimento nel cerchio cromatico: egli infatti diede il nome di “spettro solare” alla sequenza di colori dell’arcobaleno in cui è presente l’indaco (rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e viola). L’indaco è uno degli ultimi colori che l’uomo è in grado di vedere, prima del il violetto che ha la frequenza più alta (lunghezza d’onda compresa tra i 450 e 475 nanomenti).

Nell’Ottocento molti chimici cercarono di sintetizzare l’indaco, benché non si conoscesse ancora la sua struttura chimica. Questa venne attribuita nel 1883 ad Adolf von Baeyer, dopo aver provveduto alla sua sintesi nel 1880 a partire dal toluene, un idrocarburo che verrà poi utilizzato come solvente in sostituzione del più tossico benzene, al quale somiglia sotto molti aspetti. Il problema tuttavia permaneva, dal momento che il toluene era comunque un prodotto molto difficile da ottenere. Qualche anno prima, il chimico Otto Unverdorben aveva ottenuto un composto aromatico per idrolisi di indaco naturale in soda caustica che chiamò anil, in riferimento al nome sanscrito dell’indaco, nili. Von Baeyer studiò per ben 17 anni la sintesi chimica dell’indaco e ciò gli valse il Premio Nobel per la Chimica nel 1905 per i suoi studi sulle sostanze coloranti e sui composti aromatici.

Gli Arabi presero a prestito il termine e lo riadattarono in al-nil, ovvero blu. Gli Spagnoli terminarono l’opera derivando ulteriormente il nome in anil per indicare l’indaco. Il prodotto ottenuto dalla decomposizione era dunque l’anilina, il capostipite dei moderni coloranti sintetici. Bayer trovò una procedura sintetica che partiva proprio dall’anilina e che ancora oggi viene utilizzata industrialmente.

Nel 1897 si ha la prima commercializzazione dell'indaco sintetico da parte della BASF (azienda tedesca), che mise a disposizione circa venti milioni di marchi d’oro per quell'impresa.


L’INDACO NELLE DIVERSE CULTURE
Nella cultura popolare l’indaco è utilizzato per rappresentare un’atmosfera misteriosa o magica.

L'estratto è stato usato anche dai Romani, dagli Egizi e dai Persiani, i quali apprezzavano questa tinta a cavallo tra il blu e il viola.
È sicuro che, nel I° secolo a.C., il romano Plinio nella sua Storia naturale menzioni esplicitamente l’indaco, che descrive come un pigmento o una tintura nera che viene dall’India, e stemperato produce una mirabile mistura di purpurea e ceruleo.

L’indaco è entrato poi a far parte delle tradizioni funerarie e di sepoltura di molte culture in giro per il mondo: dal Perù all'Indonesia, dal Mali alla Palestina. Gli antichi tintori egizi iniziarono, attorno al 2400 a.C., a intessere fili di stoffa blu nei sudari delle mummie; un paramento reale ritrovato nell'amplissimo guardaroba funerario di Tutankhamon, che regnò attorno al 1333-1323 a.C., era quasi completamente indaco.

In Giappone si pensa che l’indaco porti fortuna ed è associato agli dei.
In India è simbolo di regalità e fortuna.
In Medio Oriente è considerato un potente simbolo di protezione dal male.
Nelle regioni del Sahel della Mauritania, l’indaco è uno dei simboli di prestigio e considerato colore nobile. I Mauritani si spalmano le zone del corpo non coperte dagli abiti una polvere color indaco che li rende blu di notte, proteggendoli dal freddo e dai raggi solari e apportando nutrimento alla pelle.

Il tagelmust, o in grafia alternativa taguelmoust e in francese chèche, è il formale simbolo dell’identità Tuareg (le popolazioni Tuareg dell’Africa, vengono chiamate “il popolo blu”; sono un’etnia nomade del deserto del Sahara, in particolare si trovano in Burkina Faso, Mali, Niger, Algeria, Libia) e cioè un velo tinto con l’indaco e lungo fino a sette/otto metri, d’aspetto lucido e cangiante, che riluce di metallico, e viene arrotolato attorno alla testa fino a coprire il volto. Non ha tanto funzioni estetiche quanto pratiche, poiché serve per riparare dal vento, dal sole e dalla sabbia del deserto. I veli sono avvolti in tanti modi, mai casuali e rispondono a precise esigenze estetiche e di riconoscimento. Il velo oltre a proteggere dalla polvere e dal sole, copre la bocca proteggendola dagli spiriti negativi, portatori del malocchio.
Durante le feste l'uomo, più è importante, si coprirà il volto lasciando intravedere solo gli occhi. Il curioso effetto è dovuto dal fatto che il colore viene battuto direttamente sul tessuto, invece di essere immerso, a causa di scarsità d'acqua. Pian piano il colore va impregnando la pelle, lasciando sul volto di chi l’indossa il caratteristico colore che è valso ai Tuaregh il soprannome di “uomini blu”.


L’INDACO NELLE RELIGIONI
L’indaco è spesso utilizzato nelle cerimonie e nei rituali religiosi. Nel Cristianesimo, è associato alla Vergine Maria, per simboleggiare purezza e fede.
Nel Buddismo, l'indaco rappresenta la pace e l'illuminazione.
Nell’Induismo, l'indaco rappresenta l'eternità e l'infinito.


L’INDACO NELL’ARTE
L’indaco è spesso utilizzato nei dipinti e nelle illustrazioni per il suo significato simbolico. È spesso utilizzato per creare uno stato di calma o un ambiente in cui la bellezza viene esaltata.
Rubens, Vermeer e Yves Klein utilizzavano molto l’indaco nelle proprie opere.
Nella musica è usato per trasmettere calma e pace.
In televisione è utilizzato per rappresentare lo stato onirico.


SIGNIFICATO PSICOLOGICO DEL COLORE INDACO
Vista la sua gradazione, le caratteristiche dell’indaco sono simili a quelle del blu, ma con una frequenza vibratoria maggiore e con un effetto più profondo.
In psicologia l’indaco dunque è associato all’intuizione e alla saggezza. È il simbolo della comprensione profonda e della consapevolezza spirituale.
Aiuta a sviluppare la capacità di giudizio senza coinvolgimenti emotivi, a guardare cioè il mondo circostante con amorevole distacco.
È il colore dell’intuito e dell’introspezione. Ha un forte potere rilassante. Permette di comprendere la realtà in modo migliore e più profondo.

Dal punto di vista delle dinamiche emotive, il colore indaco mostra una notevole capacità di centrare le persone nel presente, calibrando le reazioni emotive e favorendo uno stato di armonia e accettazione. La scelta di questo colore negli ambienti di vita quotidiana o di lavoro si rivela spesso benefica per chi cerca di liberarsi dai cicli di dipendenza comportamentale o desidera mitigare risposte eccessivamente emotive.

Chi ama l’indaco è una persona riservata, sensibile e fantasiosa, interiormente ricca, caratterizzata da una duplice inclinazione: da una parte tende ad isolarsi dal mondo, come conseguenza di un giudizio critico sulle bassezze della realtà quotidiana, ma dall’altra, contemporaneamente, aspira a una comunione di anime, per il desiderio di trovare persone affini. È un colore che esalta la spiritualità, ma è sconsigliabile, come tutti i colori “freddi”, per chi vive momenti di paura o di depressione.


L’INDACO NELLA MODA E NEGLI AMBIENTI
La maggiore diffusione dell'Indaco si è avuta a partire dalla seconda metà del Novecento con l’esplosione dei blue jeans (ad esempio Levi Strauss fece uso di questo colorante per i suoi famosi jeans). Ogni anno vengono prodotti oltre 20 milioni di tonnellate di indaco solo per questo scopo.

L’indaco è sempre più impiegato nella creazione di spazi e angoli di tranquillità domestici, dove regnano armonia e quiete.
Questa tonalità riesce a creare uno spazio meditativo e rilassante, pertanto è perfetto anche per chi ha uno studio e deve scegliere con che stile decorarlo. L'indaco è una delle tonalità che modifica l'atmosfera che ci circonda grazie al suo potere calmante: per questo motivo è consigliato dagli esperti di design, i quali riescono a creare degli abbinamenti suggestivi accostandolo anche a tonalità molto forti come il verde intenso.

Un salotto arredato con un divano colore indaco, un quadro con la stessa tonalità, tende abbinate e due sedie per completare l'arredamento, rendono l’ambiente elegante e distensivo, in cui dominano tranquillità e concentrazione. La presenza dell’indaco negli ambienti è spesso consigliata durante le sessioni di meditazione, dove i suoi toni freddi e profondi consentono di distaccarsi dalle preoccupazioni quotidiane e di entrare in uno stato meditativo più profondo.

Se in soggiorno rende l'atmosfera allegra ed elegante allo stesso tempo, in bagno o in camera da letto viene preferito per le sue proprietà distensive: anche un piccolo tocco nella scelta dei mobili può fare la differenza.

Un'ottima combinazione è anche quella di accostare il colore indaco con le altre sfumature del colore blu, dalla carta da zucchero al blu navy.
Inoltre, è molto facile da usare perché si abbina con molti altri colori e tonalità come il bianco, il legno, tutte le tonalità della terra (marrone, ocra, giallo), i colori pastello (rosa, lilla), il verde chiaro, i colori metallici (l'oro, il rame). Insomma, il blue indigo, questo il suo nome tecnico, si sposa praticamente con tutto.


L’INDACO NELLA GRAFICA
Colore indaco
CMYK (c; m; y; k): (74; 100; 0; 0)
HEX: #4000F
Nome HTML: Indaco
sRGB1 (r; g; b): (64; 0; 255)
Pantone in riferimento al colore indaco ha identificato 4 sfumature differenti, precisamente: INDIGO: 19-3215 TCX, Indigo Bunting: 18-4250 TCX, Blue Indigo: 18-3928 TCX, Mood Indigo: 19-4025 TCX.


L’INDACO IN CROMOTERAPIA
L’indaco è un colore yin e controlla la parte inferiore del cervello, gli occhi e l’ipofisi.
Utilizzato con strumenti di cromoterapia, ha la capacità di riequilibrare gli organi di senso, ha un effetto calmante sulla mente e sulle vie respiratorie grazie al suo potere di condurre la coscienza verso un livello superiore.

Facilita la concentrazione mentale ed è molto utile in caso di emotività eccessiva, ipocondria, pensieri ossessivo–compulsivi, demenza senile.
Rende più tonici i muscoli e la pelle.
Porta miglioramenti anche in caso di infiammazioni, intossicazioni, cataratta, ipertiroidismo.
Ha effetti anestetici, emostatici e depurativi del sangue, stimola i sensi della vista, dell’olfatto, dell’odorato, esercita un forte influsso sulla mente e sul sistema nervoso e in caso di riduzione di olfatto e udito.
Agisce su due ghiandole per noi importanti: la ghiandola pituitaria (ipofisi, regola gli ormoni e l’attività metabolica di tutto l’organismo) e la ghiandola pineale (epifisi, regola la produzione di melatonina e il ritmo sonno-veglia).
Viene inoltre impiegato con successo per risolvere problematiche dovute ad eccesso di calore, come menopausa, febbre e insolazione.

Se è in eccesso, porta a ossessioni sognare ad occhi aperti, ad allucinazioni, illusioni, e incubi. Un difetto di indaco al contrario, crea difficoltà alla visualizzazione, scarsa memoria, incapacità a ricordare i sogni.



SIGNIFICATO SPIRITUALE DELL’INDACO
L’indaco è il colore associato al sesto chakra, l’Ajna situato tra le sopracciglia, sede della volontà e della coscienza intuitiva.
È legato alla meditazione, alla visione interiore, alla guida verso l’elevazione del pensiero.
È simbolo di spiritualità e di risveglio interiore.
L’indaco è associato anche alla ricchezza e alla protezione.
Dona intuizione, ascolto delle proprie immaginazioni creative e saggezza avvicinando la persona alla propria Guida interiore.
L’indaco è un colore elettrico che dissolve l’attaccamento ai vecchi schemi mentali e condensa la nuova realtà dello Spirito.
È simbolo del cambiamento di coscienza, ovvero il passaggio dall’io inferiore a quello Superiore.

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